sabato 10 aprile 2010

Proliferare speranza

Il gioco tra potenze è un gioco di gelosie, di trattative e di cooperazioni.
Quello raggiunto due giorni fa è frutto di un lavoro di cooperazione, di una sana cooperazione, forse voluta perchè gli eventi mondiali rendono necessario un impegno a lungo termine e consistente.
L'accordo START (Strategic Arms Reduction Treaty) firmato l'8 aprile a Praga tra Obama e Medvedev è stato battezzato dal Cremlino come “win win”.
Una vittoria per entrambi insomma. O perlomeno una possibile vittoria.

In realtà è uno “start” che ha inizio nel 1991 tra Mikhail Gorbaciov e George Bush con la sottoscrizione del primo Trattato (START I) e a seguire la modifica nel 1993 con Bush e Boris Eltsin (START II).
Ma c'è da dire anche che in realtà queste firme erano arrivate con parecchio ritardo perchè già prima della Guerra Fredda (con Ronald Reagan Presidente degli USA) iniziarono dei timidi accordi.
Si arriva all'8 aprile 2010 con Barack Obama e Dimitri Medvedev che s'incontrano nella sala spagnola del Castello di Praga e sottoscrivono il cosidetto START.

La sottoscrizione va a sostituire il vecchio accordo scaduto a dicembre e riduce del 30 % le testate nucleari a un numero massimo di 1.550 (fig.1). Una riduzione a 800 piattaforme di lancio dei missili intercontinentali e di 700 vettori (che inlcudono sottomarini aerei e bombardieri) e avanzate misure di controllo e aggiornamento dei dati sugli armamenti.

Tutto questo però accade a pochi giorni di distanza dal summit di Washington sulla non proliferazione nucleare che si terrà il 12 e 13 aprile.
E' vero che “il taglio di un terzo degli arsenali nucleari dimostra il nostro comune impegno alla non proliferazione, stabilendo un esempio per altre potenze nucleari.” come ha affermato Nikolai Patrushev, segretario del consiglio di sicurezza della Federazione russa, ma è pur vero che l'intenzione è soprattutto quella di portare le altre potenze nucleari a fare altrettanto e meglio.
Non lo si è detto, ma lo si è capito.

E non a caso il messaggio lanciato ha fatto spaventare il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu che ha fatto sapere (con molta incertezza) che invierà un suo delegato.
Ma se l'obiettivo era quello di riavvicinare e allentare i rapporti di tensione tra Iran e Israele (con la scorta degli Stati Uniti) in una zona ad alta pericolosità, il mondo senza armi nucleari come Obama auspicava, trova ostacoli improvvisi.
La motivazione della probabile assenza è dovuta alla “critica araba dell'arsenale nucleare di Israele”.
Una critica che arriva da parte dell'Egitto e della Turchia, sospettosi che Israele nasconda tra le 65 le 85 testate nucleari. (fig.2)
La conferma della fondatezza di questo dato (oggi fuori controllo e la non sottoscrizione del Trattato di non proliferazione nucleare lo conferma) arriva da un documento della CIA declassificato, che nel 1974 dichiarava che Israele avesse prodotto armi nucleari perché il governo israeliano aveva acquistato
grandi quantità di uranio, parzialmente attraverso mezzi clandestini
e perché aveva fatto
un grande investimento in un sistema missilistico costoso destinato per sistemare le testate nucleari”.

Insomma il pericolo nucleare che investiva non poco tempo fa Corea del Nord e Iran ora travolge anche Israele, la quale ultimamente ha cambiato il suo atteggiamento con la Casa Bianca.
La speranza ora è che Obama a Washington tenterà con gli altri paesi ospitati a tessere una tela della non proliferazione la più larga possibile ma gli eventi di questi giorni lo stanno smentendo.
Inoltre deve far molto presto perchè le elezioni di mid term a novembre potranno fargli perdere la maggioranza al Congresso e quindi cadere nell'oblio. L'accordo non è che un piccolo passo ma è una buona speranza per continuare a sperare!


fig.1


















fig.2


















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