mercoledì 7 luglio 2010

Toy Story 3 La grande fuga


Era il '95 quando è uscito il primo Toy Story, io non lo vidi al cinema, aspettai la videocassetta. Ma questo non limita l'importanza di tale film nella mia infanzia e nella mia vita in generale. Quando lo ebbi ero alle elementari lo riguardai una decina di volte. Amavo tutto. Dai personaggi alle canzoni dalla trama all'aspetto grafico dei disegni e dell'animazione in computer grafica, cosa che allora era una novità. Mi divertivo a ricordare a memoria i dialoghi, ma nonostante sapevo già come finiva guardavo scena su scena emozionandomi come se fosse la prima volta, sempre. Poi ci fu il secondo "atto" e, non fidandomi dei sequel lo lasciai perdere inizialmente non me ne curai all'uscita al cinema e nemmeno di prendere la cassetta. Recentemente vedendolo mi sono accorto della mia stupida mancanza di fiducia dato che il seguito è stato quasi migliore del primo sia per i dettagli della trama ben più maturi e cupi del primo sia per alcune citazioni al cinema eccezionali, soprattutto per un prodotto nato inizialmente per un pubblico giovane. E ora ho avuto modo, evitando l'errore che feci col 2, di vedere l'ultima fatica della Pixar. L'inizio del film è di un taglio nettamente differente rispetto ai primi due, dopo un "prologo" particolarmente allegro e divertente in cui il telespettatore vede i frutti della fervida immaginazione di Andy, il bambino "padrone" dei vari giocattoli e originale creatore di avventure in cui immagina di portare i suoi giocattoli e i vari momenti della sua infanzia che ha vissuto tenendoli sempre al proprio fianco, subito dopo si fa un veloce flashforward che ci porta al presente: Andy ha 17 anni e deve lasciare la casa per frequentare il college. e questo lo mette di fronte ad una scelta dolorosissima: scegliere il destino dei giocattoli "sopravvissuti" della sua collezione (persino la compagna del cowboy Woody è stata venduta dal ragazzino), se donarli ad un asilo o lasciarli in soffitta. Il buon Andy decide di portare il suo giocattolo preferito, Woody per il suo viaggio verso il college e per gli altri sceglie la seconda opportunità ma, per un inconveniente, i giocattoli vengono portati insieme a quelli destinati all'asilo, appartenenti alla sorellina di Andy. Woody fa di tutto per seguire i suoi amici e presto i giocattoli si renderanno conto della situazione dove sono capitati. Essi vengono spediti infatti in un asilo. I primi minuti in tale posto sono una ventata d'aria fresca per i protagonisti, che erano rimasti senza giocare col loro padrone per anni, e vengono accolti calorosamente dagli altri giocattoli. Tuttavia vengono poi a scoprire che i "novellini" come loro vengono lasciati alla mercè dei bambini più indisciplinati dell'asilo per coprire i giocattoli che a conti fatti ora comandano la scuola. Gli eroi hanno quindi bisogno di un piano per scappare da questo inferno. Che dire? Le risate sono tantissime, l'aggiunta di alcuni personaggi esilaranti a dir poco è stata originale e sorprendentemente adeguata, le musiche sono carine, e come se non bastasse il film è di una poesia unica, un vero e proprio inno all'immaginazione della mente dei bambini e un omaggio sentito al mondo dei giocattoli, che purtroppo con una tecnologia che "purtroppo e per fortuna" è ormai quasi onnipresente, stanno lentamente scomparendo dall'immaginario dei bambini. Graficamente il film è una gioia per gli occhi e il doppiaggio è pregevole. In poche parole un film da non perdere che può regalare un sorriso e anche riflessioni profonde sul mondo dell'infanzia. Personalmente mi azzardo a definirlo un capolavoro, o un potenziale per essere considerato tale. Per finire un P.S. che susciterà l'ilarità dei miei detrattori e che potranno usare come arma per darmi del marmocchio: in alcune scene del film mi sono commosso e ho trattenuto a stento qualche lacrima. E anche se ho 21 anni suonati ME NE VANTO!
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